Intervista al Fatto Quotidiano

“Basta con il caos di voci in Ue, servono conferenza di pace e difesa comune”

Il candidato a cui il MoVimento 5 Stelle chiede il miracolo nel Nord Est sorride: “È vero, ora parlare di pacifismo va di moda. Ma io lo faccio dai tempi della guerra fredda, e invito tutti a fidarsi solo degli originali”. Ugo Biggeri, 58 anni, fiorentino, è uno dei fondatori di Banca Etica. Alla fine degli anni 80 fu tra i promotori della campagna per introdurre limiti all’esportazione di armi, che portò alla legge 185 del 1990. Ora è il rappresentante europeo di una rete di banche specializzate nello sviluppo sostenibile, e il M5S lo ha candidato alle Europee, come secondo nella lista per il Nord Est.

Avvenire ha raccontato di un appello a molte associazioni cattoliche, dalle Acli a Sant’Egidio, rivolto ai candidati delle Europee, perché si impegnino a favore della pace in Ucraina e contro “la non-cultura bellicista”.

Premesso che l’iniziativa nasce sulla spinta degli incontri per preparare la settimana sociale dei cattolici (a cui a luglio parteciperanno Sergio Mattarella e Papa Francesco, ndr), il senso è sostenere il Pontefice, che

continua a spendersi per il cessate a fuoco e per la pace, con un impegno che gli è valso anche numerosi attacchi. Io ovviamente sottoscriverò il documento.

Forse lo faranno in diversi perché i pacifisti spuntano ovunque. Moda elettorale, no?

Voglio pensare positivo. Se accade questo, vuol dire che noi pacifisti della prima ora avevamo ragione, e che le nostre idee stanno facendo presa su diverse persone. I rischi dell’escalation militare in Ucraina diventano sempre più evidenti.

Ma se si fermasse l’invio di armi a Kiev più che verso una pace si correrebbe verso la resa a un dittatore, non crede?

In questi due anni si è tentato di banalizzare un problema molto complesso, riducendo tutto al tema dell’invio delle armi, quando la guerra in Ucraina è nata di fatto prima del 2014. Tutte le occasioni per mettere attorno a un tavolo la Russia e Kiev non sono state colte. Ma bisogna investire in diplomazia almeno quanto si è investito in armamenti.

Parlare di cessate il fuoco e stop alle armi può fare rima con resa, anche per Putin.

Noi siamo democrazie, e dobbiamo parlare liberamente di questi temi. Bisogna fermare le armi, per lavorare a una pace e a un accordo duraturo sul lungo periodo, come si fece a suo tempo per la Germania.

Il M5S cosa può proporre sul tema UE?

Innanzitutto una conferenza di pace sotto l’egida dell ’Onu. Poi, e può sembrare un paradosso, serve una difesa comune europea. In queste ore Macron parla di soldati sul campo e leggiamo di piani Nato per l’invio di truppe, mentre altri fanno finta di niente o dicono di opporsi. Una difesa comune in Ue fermerebbe la cacofonia di voci che indebolisce l’Europa, da cui invece deve arrivare una vera azione diplomatica. Un altro obiettivo è far sì che in tutti i Paesi della Ue ci siano leggi per limitare l’esportazione di armamenti.

In Italia la maggioranza sta cambiando la 185: il Senato ha già approvato il nuovo testo.

Stanno smontando la legge, rendendola inutile. Avevo 20 anni quando assieme a varie associazioni ci battemmo per costruirla. Allora l’Italia era il terzo Paese produttore di armi, e le vendeva sia all’Iran che all’Iraq, in guerra tra loro.

Le armi sono sempre un ottimo affare.

Sì, anche per fondi e banche che pubblicizzano le loro iniziative sul piano della finanza sostenibile, e poi investono in armamenti o petrolio. In Europa vorrei lavorare anche su questo.

Lei sta girando il Nord Est dove tradizionalmente il M5S fatica. Quante volte le hanno rinfacciato che i 5Stelle sono quelli del reddito di cittadinanza?

(Sorride, ndr) È successo. Ma il reddito era un provvedimento giusto, perché non si deve lasciare indietro nessuno. Dopodiché a giugno si vota per le Europee, e bisogna preoccuparsi di come possiamo migliorare la Ue. Se non ti occupi dell’Europa, l’Europa si occuperà di te. E questo vale anche per le imprese del Nord Est.

(di Luca De Carolis)


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